La storia dell'Ucraina
Nel luglio 2021 Vladimir Putin pubblica un saggio dal titolo “Sull’unità storica di russi e ucraini” in cui sostiene che i cittadini di Russia, Ucraina e Bielorussia appartengono a un solo popolo della trina russa. Lo scritto del Presidente si conclude affermando che i russi e gli ucraini condividono un passato e un destino comune, ma è veramente così?
L’Ucraina, dal significato letterale “sul confine – u krajna”, fu terra di passaggio per molte popolazioni. Nel IX secolo si insediò stabilmente il popolo scandinavo Rus’, sovrapponendosi agli slavi presenti lì da qualche secolo prima. Nell’882 i Rus’ posero Kyiv come capitale del Regno, con a capo il variago Rjurik. Il territorio si estendeva dal Mar Nero fino alla Finlandia e comprendeva una serie di entità statali legate tra loro. “L’eredità storica della Rus’ di Kyiv è una questione ancora oggi fondamentale per il nazionalismo ucraino. Ma è importante anche per il nazionalismo russo propugnato da Putin: per lui, Ucraina e Russia sono una cosa sola; è ovvio quindi, che la Rus’ di Kyiv non fosse nient’altro che uno degli antenati dello stato russo, nonostante in quell’epoca Mosca non fosse ancora stata fondata e l’impero zarista non esistesse.”
Con la morte di Yaroslav il Saggio, il primo ad introdurre un codice di leggi nel mondo slavo, la Rus’ finì sotto il dominio di altri stati, prima il Granducato di Lituania e dopo la Confederazione polacco-lituana. Solamente qualche secolo dopo, i cosacchi si ribellarono al dominio polacco. Nel 1648, a seguito dell’insurrezione di Bogdan Khmelnytsky, venne costituito l’Etmanato cosacco, indipendente per circa un secolo, fino a quando non tornò ad essere territorio della Confederazione polacco-lituana fino alla sua disgregazione.
Nel 1772, i territori vennero spartiti tra l’Impero zarista, la regione della Volinia e Podolia, e l’impero asburgico, con i territori della Galizia e Lodomiria con Leopoli. All’ interno dell’impero russo, l’Ucraina era divisa tra la Piccola Russia, con Kyiv, Char'kov, Poltava e Černigov; la Russia Meridionale, i governatori di Ekaterinoslav, Cherson, Tauride e parte della Bessarabia; la Russia Occidentale, territori di Volinia e Podolia. Sin dall’inizio, furono evidenti le differenze fra l’èlite ucraina e i cosacchi rispetto ai russi. Quest’ultimi temevano infatti che la cultura e le tradizioni ucraine potessero divenire una minaccia per l’impero.
Il popolo ucraino non piegò mai del tutto la testa e, durante il primo conflitto mondiale, periodo in cui l’impero zarista era più debole, l’Ucraina ottenne l’indipendenza e diventò una repubblica socialista, con larga autonomia; e poiché, secondo lo stesso Lenin, l’Unione Sovietica doveva essere una federazione di repubbliche pari tra loro. Con la sua morte e la presa di potere da parte di Stalin, la concezione della rivoluzione comunista mutò: le varie repubbliche si videro ridotti i loro diritti e ci fu importante ritorno della predominanza della cultura, lingua e tradizioni russe. Il leader fu molto contestato, e lo è tutt’ora, anche perché perseguì, fra il 1932 e il 1933, le politiche di riorganizzazione agricola nel paese, con la collettivizzazione forzata delle terre, che provocò la carestia che uccise circa 4 milioni di persone conosciuta come l’Holodomor e ricordata come genocidio ucraino. Dal 1941 al 1944, l’Ucraina fu occupata dalle forze dell’Asse: più di 30mila ucraini si arruolarono nelle Waffen-SS, in funzione antibolscevica e antirussa, da aggiungere all’Esercito Insurrezionale Ucraino operativo contro l’Armata Russa.
Nel 1954, sotto la presidenza di Nikita Sergeevič Chruščëv, l’URSS decise di annettere la Crimea all’Ucraina, togliendola alla Federazione, per celebrare i 300 anni di amicizia tra Ucraina e Russia. Intanto, il paese sviluppò industrialmente il bacino carbonifero del Donbass. L’equilibrio economico dell’Ucraina si spostò quindi nelle aree più orientali e russofone.
Durante la dissoluzione dell’Unione sovietica il paese si dichiarò Stato indipendente e democratico mediante l’Atto d’indipendenza dell’Ucraina adottato dal parlamento il 24 agosto 1991, confermato con il referendum del 1° dicembre 1991. La vittoria fu schiacciante. Dei 31.891.742 cittadini ucraini che votarono, più del 90% si espresse favorevolmente. Quel sì percepito oggi come un qualcosa di naturale e scontato, portava con sé enormi rischi e sfide politiche, sociali, economiche, culturali e religiose per il Paese.
Sfida come la rivoluzione arancione del 2004, quando il popolo protestò in massa in difesa della vittoria elettorale del candidato filo-europeo Viktor Yushenko; la promessa della NATO del 2008 nel fare entrare il paese, prima o poi; la rivoluzione del 2013, contro la corruzione e il Presidente Yanukovich che rifiutò il patto commerciale con l’Unione Europea, per poi lasciare il paese e rifugiarsi in Russia. Intanto Putin, salito al potere da qualche anno, definì la rivoluzione scoppiata nel paese «un colpo di stato incostituzionale e una presa del potere militare».
Il 26 febbraio 2014 i militari russi presero il controllo della penisola di Crimea, e il giorno successivo occuparono Parlamento e Governo locale, insediando Sergej Aksënov, leader locale filo-russo, che annunciò l'intenzione di indire un referendum per una maggiore autonomia da Kyiv, referendum dichiarato non valido il 27 marzo dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite mediante risoluzione non vincolante. La regione del Donbass ha sempre vissuto grazie all’industria carbonifera e con la crescente crisi economica e la maggiore instabilità politica, la popolazione iniziò a credere che l’annessione alla Russia avrebbe migliorato le loro vite.
Il 7 aprile 2014 anche l'Oblast' di Doneck dichiara unilateralmente l'indipendenza dall'Ucraina, in seguito a un referendum, e pochi giorni dopo l'autonominato Presidente della Repubblica Popolare di Donetsk Pavel Gubarev dichiarò l’annessione. Da quel momento, la Russia intensifica lo schieramento di truppe militari al confine con l’Ucraina senza mai tornare indietro, nonostante le varie denunce come atto di aggressione da parte della NATO.
Gli accordi di Minsk, del 2015, prevedevano un cessate il fuoco immediato, lo scambio dei prigionieri e l'impegno, da parte dell'Ucraina, di garantire maggiori poteri alle regioni di Doneck e Lugansk ma non vennero mai rispettati e i combattimenti sono continuati fino all’invasione del 24 febbraio 2022.
Torino, 3 marzo 2022
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