Il Made in Italy cambia pelle è boom di imprese giovani

Il Made in Italy cambia pelle è boom di imprese giovani

Le imprese italiane si stanno riconsolidando saldamente sopra quota 6 milioni ma la vera novità non è nel numero bensì nella qualità di questa crescita: più aperture, meno chiusure, meno cessazioni, concordati preventivi e fallimenti. Più imprese giovani e più assunzioni, soprattutto nei quadri tecnici di medio alto livello e tra gli operai specializzati. Le elaborazione che in queste settimane si stanno susseguendo sui dati dei registri delle Camere di Commercio da aperte di Unioncamere e di Infocamere raccontano di un fermento che ormai non sembra più episodico. Il tessuto produttivo del Made in Italy sembra dunque aver completato l'inversione di rotta e ora si tratta di vedere se nel tempo i nuovi indirizzi che puntano tutti verso attività imprenditoriali a maggior valore aggiunto sapranno consolidarsi e crescere.

In termini numerici, il trimestre aprile-giugno  ha visto nascere 97.811 nuove attività e certificato la chiusura di 59.831 attività già esistenti, con il risultato di un saldo positivo pari a 37.980 imprese in più rispetto alla fine dello scorso mese di marzo, il migliore degli ultimi quattro anni. Lo stock delle imprese si è pertanto accresciuto dello 0,63% (contro lo 0,59 rilevato nel secondo trimestre 2014) portando il totale delle imprese registrate in Italia, al 30 giugno di quest'anno, al valore di 6.045.771 unità.

Tra aprile e giugno le nuove imprese aperte da giovani con meno di 35 anni di età sono state quasi 32mila (in media 300 al giorno, sabati e domeniche incluse), pari ad un terzo di tutte le aperture di nuove imprese nel trimestre. Al netto delle chiusure rilevate nello stesso periodo (circa 11mila), l'esercito delle imprese giovanili nel secondo trimestre dell'anno si è dunque arricchito di oltre 20mila unità, arrivando a sfiorare il valore di 600mila aziende. In termini assoluti il contributo che i giovani hanno dato alla crescita della base imprenditoriale, tra aprile e giugno, è stato del 54% (a tanto ammonta la quota di imprese "under 35" rispetto al saldo trimestrale complessivo). Un contributo che appare ancora più significativo se si guarda alla sua intensità: il tasso di crescita trimestrale dell'imprenditoria giovanile, infatti, ha messo a segno un +3,6% a fronte dello 0.6% del complesso delle imprese.

 A guidare la ripresa occupazionale è la manifattura italiana, soprattutto quella più innovativa e proiettata sui mercati esteri (dalla meccanica all'alimentare, dal chimico-farmaceutico alla plastica): nel 2015 una industria su cinque assumerà personale dipendente, mentre nel 2014 era una su sei. Nel complesso, sono 186.600 le entrate attese in questo settore (+31.300 rispetto allo scorso anno). Nelle dichiarazioni delle imprese sulle figure che si apprestano a portare in azienda il segno del salto d iqualità: figure professionali a maggior qualificazione da impiegare nella progettazione (aumenta la richiesta di ingegneri), nell'innovazione digitale (a cominciare dagli analisti e progettisti di software) e nell'ideazione di nuove strategie commerciali (grazie ai tecnici delle vendite). Ma anche tanti operai specializzati richiesti soprattutto dall'industria alimentare e meccanica. Aumenta poi di due punti percentuali la quota di imprese dei servizi che ha programmato assunzioni di personale dipendente, passando dal 13,8% al 15,9%. Oltre 639mila i lavoratori complessivi in ingresso in questo settore (+73.200 rispetto al 2014).